La dimensione socio-relazionale, lavorativa e la formazione di chi opera nel settore dell’accoglienza sono interconnesse nella misura in cui si decide di attivare nuove forme di conoscenza e di intervento che ripensando il concetto di “autonomia” provano ad avvicinarsi alle cornici culturali dei soggetti inseriti in tali percorsi, alle loro istanze ed esigenze.
Si pensa comunemente che le attività di socializzazione nel territorio siano accessorie. Invece, da più sguardi è emerso che esse sono delle occasioni propedeutiche all’autonomia, perché sperimentarsi in contesti diversi da quelli della comunità con giovani palermitanз o entrare in processi di mentoring – come ha affermato anche Lisa Caputo, attivista del gruppo territoriale di Refugees Welcome Italia a Palermo – permette loro di crearsi una propria rete di scambio e di sostegno.
Scegliere quale attività frequentare, che sia un laboratorio o un’esperienza formativa o sportiva, è il primo passo per strutturare una maggiore consapevolezza di sé e dei propri interessi. Come ha sottolineato Manuela Caporarello, responsabile del SAI Finocchiaro Aprile, è importante il richiamo agli operatori e alle operatrici affinché possano impiegare del tempo per esplorare gli interessi e le propensioni dellз ospiti nella costruzione di un progetto PEI (Piano Educativo Individualizzato) realmente individualizzato a dispetto di approcci sommari che privilegiano iscrizioni massicce agli stessi percorsi.
Issa Fadoul Bichara, facilitatore linguistico-culturale per i programmi interculturali di partecipazione attiva, ha raccontato dell’importanza di creare occasioni di interazione tra giovani natз e cresciutз a Palermo e stranierз al fine di portare al riconoscimento e al superamento di pregiudizi e stereotipi reciproci. Mentre Roberta Lo Bianco, formatrice all’interno degli stessi programmi, ha aggiunto che per creare una intenzionale società interculturale è fondamentale lavorare insieme a gruppi culturalmente diversi su temi quali lo shock culturale, incidenti critici legati a modelli culturali diversi, e in generale ad una educazione alle differenze come antidoto alla discriminazione e al razzismo.
Ci troviamo in un momento storico politico stringente con un decreto immigrazione che rende residuali le uniche chance di una vita possibile da vivere attraverso forme di protezione “sane”. E allora le persone di minore età che arrivano rimangono tra le poche persone che lo Stato Italiano riconosce come titolari di una forma di protezione. Alice Argento ha sottolineato come il processo di cura debba necessariamente passare da una presa in carico legale tempestiva che possa permettere alle persone di minore età di ottenere un permesso di soggiorno per minore età nei tempi giusti. Ritardare tale presa in carico significa condannare queste persone di minore età arrivate sole a dei percorsi frammentati e rischiosi.
Il lavoro è il filo conduttore nei percorsi delle persone di minore età arrivate sole. È la questione più preoccupante quanto urgente in una città che tende a “sfruttare” le persone poco consapevoli dei propri diritti. Ousman Drammeh ha sottolineato l’importanza di avviare dei corsi di orientamento al lavoro per stimolare l’acquisizione di conoscenza rispetto ai propri diritti e doveri. L’unico modo per contrastare fenomeni di sfruttamento e di caporalato è rendere le persone consapevoli del proprio valore e del contesto nel quale si muovono.
Risulta chiaro che se lo Stato non permette una regolarizzazione delle persone immigrate nel nostro territorio, lo sfruttamento lavorativo rimane l’unica modalità di sopravvivenza. In tale cornice, la figura di chi opera dentro i centri di accoglienza e di chi ha il ruolo di insegnante dentro gli istituti scolastici è di importanza chiave per decostruire approcci educativi fortemente etnocentrici e accompagnare le persone di minore età in percorsi di avvicinamento al territorio, nel rispetto delle loro peculiarità
culturali e valoriali.
Si tratta di operatori e operatrici, che nelle diverse funzioni che svolgono, non vengono rispettatз né formatз. Lavoratori e lavoratrici i cui diritti vengono ignorati, con stipendi che non arrivano mai in tempo, con frustrazioni crescenti e poca supervisione, diventano pedine di un sistema perverso che spegne ogni motivazione. Turn over e sempre più operatori e operatrici giovani senza nessuna
esperienza si affacciano nella vita di queste persone di minore età arrivate sole, con poca preparazione e con modelli di intervento che utilizzano il paradigma occidentale come unico sguardo possibile. Uno sguardo che non può permettere un ripensamento dell’autonomia che passa altresì da quella che Solange Santarelli, Insegnante di italiano L2, ribadisce come necessità di “decolonizzare le nostre menti” e in campo scolastico propone una valorizzazione delle lingue madri che parlano i ragazzi e le ragazze perché quelle lingue sono un patrimonio culturale che non può essere dimenticato. Infine Safa Neji, Coordinatrice del servizio volontariato e mediatrice interculturale del centro Diaconale la Noce, insiste sull’importanza di equipe multidisciplinari all’interno delle quali ogni professionista abbia un ruolo chiave e una visione dei percorsi dellз ospiti condivisa.
Tra le varie riflessioni giunte è rimasta aperta la questione sistemica la cui cornice prevede un lavoro al ribasso con tempi sempre più brevi di accoglienza e accompagnamento e logiche volte a standardizzare i percorsi. Le persone fanno la differenza nei processi di cura ma sembra proprio che le stesse debbano compiere degli sforzi, non riconosciuti dallo stesso sistema, per assicurare un lavoro di accompagnamento di qualità. Come ha ribadito Georgia Chondrou, coordinatrice del progetto CIVILHOOD, le attività del progetto a livello europeo hanno dimostrato le stesse difficoltà, motivo per il quale nell’immaginare un cambiamento bisogna tenere in mente anche la prospettiva europea, immaginando azioni che possono cambiare il territorio in cui viviamo avendo come idea di fondo che emigrare è un diritto per tuttз e dovrebbe essere garantito.
Queste riflessioni sono state frutto di un momento condiviso territoriale all’interno del
progetto CIVILHOOD che ha permesso sia a persone di minore età che a operatrici e operatori di formarsi e formare nell’ottica di costruire percorsi comuni e di utilizzare strumenti che possano valorizzare le persone che vivono nel nostro territorio.
Per saperne di più su CIVILHOOD scrivi a georgia.chondrou@cesie.org.
A proposito di CIVILHOOD
CIVILHOOD – Enhancing unaccompanied minors transition to early adulthood through civic education and labour market integration è un progetto finanziato dal programma AMIF, DG Home Affairs – Asylum, Migration and Integration Fund, dell’Unione Europea.
Partner
- ARSIS KOINONIKI ORGANOSI YPOSTIRIXIS NEON (Grecia, coordinatore)
- KENTRO EVROPAIKOU SYNTAGMATIKOU DIKAIO IDRYMA THEMISTOKLI KAI DIMITRI TSATSOU (Grecia)
- ZNANSTVENO-RAZISKOVALNO ZDRUZENJE ZA UMETNOST, KULTURNE IN IZOBRAZEVALNE PROGRAME IN TEHNOLOGIJO EPEKA, SOCIALNO PODJETJE (Slovenia)
- CESIE (Italia)
- CODECA – Center for Social Cohesion, Development and Care (Cipro)
- SUDWIND VEREIN FUR ENTWICKLUNGSPOLITIK UND GLOBALE GERECHTIGKEIT (Austria)
- OSTERREICHISCHE KINDERFREUNDE (Austria)
Per ulteriori informazioni
Leggi la scheda progetto.
Contatta Georgia Chondrou: georgia.chondrou@cesie.org.