Questi incontri di formazione erano stati pensati prima che tutto intorno a noi cambiasse.
A volte bisogna lasciare andare le cose, perché nuove cose accadano, questa è stata la premessa per intraprendere questo nuovo percorso.
Riportiamo qui la testimonianza di Armida Lo Cascio e Antonio Macaluso e del team di Nottedoro, conduttori della formazione su teatro e video, che ci restituisce il senso degli sforzi fatti per rendere interattivi degli incontri on-line, superando pre-concetti e resistenze nei riguardi dei nuovi spazi virtuali di apprendimento.
(…) Il teatro è quel luogo che lega il finito con l’infinito attraverso il contatto. Siamo partiti allora da una domanda: come trasferire tutto questo on line? Ci siamo risposti che forse dovevamo concentrarci sul “sentire.” On line è un’altra storia, ci si distrae più facilmente, si risponde al telefono, si va in bagno, in cucina, si può fare altro, è tutto più complicato e si può perdere il senso di quello che si sta facendo. Ed era questa la sfida più grande, cercare di non farci distrarre e trasformare questi punti di debolezza in punti di forza, utilizzando proprio la lontananza come una risorsa, per riuscire a rompere la quarta parete, ed entrare in contatto con gli altri, rimanendo attaccati ai nostri schermi, che diventavano nelle esercitazioni via, via degli specchi, attraverso i quali vedere gli altri.
Allora abbiamo chiesto ai partecipanti di non pensare più a niente, di abbandonare tutto per 4 ore, di sentire solo il proprio corpo ed il proprio cuore e di affidarsi ad un “luogo” un po’ strano, surreale, inusuale, anche per noi conduttori.
Ciascuno ha fatto entrare gli altri nella “propria casa”, ha per un breve arco di tempo “sospeso” i
problemi del quotidiano. Ed è là che la formazione è cominciata.
Si è deciso per un approccio spiazzante forse, qualcosa che potesse dare una scossa ai partecipanti: fare ognuno a casa sua il riscaldamento del corpo, senza il classico giro di presentazione. I partecipanti si sono presentati così in un nuovo modo: attraverso il lavoro con il proprio corpo, con i loro dubbi, tra timori e risate.
All’inizio i partecipanti sono stati invitati a ballare come non avevano mai ballato, liberi anche di urlare in alcuni momenti, di lasciarsi andare nei movimenti, abbandonando le proprie difese, il giudizio, l’imbarazzo, la vergogna, i pensieri e le preoccupazioni, concentrandosi solo sul momento, su quelle ore insieme, senza pensare alle cose da fare, a chi stava nell’altra stanza, alla paura che ci affligge di questi tempi.
Si è poi passati ad esercizi sull’abbandono del giudizio, attraverso l’emissione di “versi” e la formazione di uno strumento musicale, poi attraverso piccoli gesti, si sono raccontate azioni, e si è poi passati alla fase più emotiva, il racconto a parole o solo con il corpo, di tre possibili situazioni: la paura dell’altro, l’indifferenza nei confronti dell’altro o la voglia di incontrare l’altro.
Gli schermi dei computer potevano allora diventare specchi, attraverso i quali potersi accorgere degli altri, per raccontare, a scelta, una delle situazioni sopra indicate.
La seconda fase dell’incontro si è svolta con la costruzione di due personaggi: un intervistatore e un intervistato, su un tema ben preciso, con domande scritte dai partecipanti e preparate in 15 minuti, e anche con una voce e un look studiati per il proprio personaggio (…).
Un ringraziamento a tutti gli esperti e ai partecipanti, la cui disponibilità e motivazione ci ha permesso di trasformare l’imprevisto in risorsa creativa, ripensando a nuovi modelli di intervento e di scambio e allo stesso tempo ci auspichiamo si possa presto tornare a lavorare insieme, incontrandoci realmente.