WELCOMM: Formazione su sensibilità interculturale per la gestione della diversità. La conclusione dei due piloting.

mercoledì 3 Luglio 2019

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Tra marzo e giugno, presso il CESIE, hanno avuto luogo due esperienze pilota di formazione su sensibilità interculturale per la gestione della diversità, indirizzata a operatori socio assistenziali, psicologi, assistenti sociali, assistenti dell’amministrazione pubblica; attivisti e volontari che interagiscono quotidianamente con persone con background migratorio.

Perché una simile formazione? All’interno del partenariato del progetto WELCOMM, finanziato dal programma AMIF (Asylum, Migration and Integration Fund), organizzazioni dalla Croazia (“Rehabilitation for Stress and Trauma” e “Center for Peace Studies”), Slovenia (Slovenska Filantropija),  Austria (SUDWIND) e Italia (CESIE) si sono confrontati a lungo sull’importanza delle competenze interculturali che, al giorno d’oggi, diventano abilità chiave, poiché sempre di più nella vita personale e professionale ci si trova a rapportarsi con persone di provenienze diverse e identità multiple.

La sfida che abbiamo colto,  attraverso una serie di incontri, è stata quella di operare una trasformazione, in micro, della società attuale, che si caratterizza per il suo essere multiculturale, verso una società interculturale.

Infatti, le società «sono multiculturali se mantengono uno stato di indifferenza o di tolleranza verso le varie culture, mentre diventano interculturali se stabiliscono rapporti interattivi tra le diverse realtà presenti» (Garcea, 1996, p. 53).[1]

Investire sulla formazione di queste competenze, va nella direzione di rendere più efficienti settori lavorativi in cui le relazioni interculturali vengono curate e aggiornate. Inoltre, la formazione può facilitare i percorsi di inclusione delle persone che appartengono a diversi gruppi culturali o sociali, come quelli con un background migratorio.

Insieme ai partecipanti della formazione, abbiamo attraversato diverse tappe:

La scoperta dei diversi significati del concetto di cultura, che per sua natura è polisemico e si è evoluto nel tempo, e sulle ripercussioni che questi possono avere sulla percezione dell’Altro, sperimentando la capacità di decentrarsi. Abbiamo preso coscienza dei propri schemi di riferimento, della parzialità del proprio sguardo sull’Altro, dei propri pregiudizi e stereotipi.

Attraverso input teorici e la metodologia del role-play, abbiamo provato ad identificare, seguendo il modello di Milton Bennett, le fasi di sviluppo della sensibilità interculturale, cioè le reazioni che le persone hanno alle differenze culturali, scoprendo che tra il rifiuto e l’accettazione dell’altro ci siano delle consapevolezze diverse su di noi in relazione alla diversità e che tra l’una e l’altra, si passa da un etnocentrismo ad un etnorelativismo. Seguendo la nozione di comunicazione non violenta di Marshall B. Rosenberg, abbiamo riflettuto sugli stili comunicativi che connettono, basati sull’ascolto attivo e quelli che invece allontanano le persone, scoprendo che i nostri bisogni non sono mai in conflitto, lo sono le nostre strategie. E ancora, abbiamo affrontato il tema dello stato di esaurimento emotivo o comunemente chiamato burn-out, rendendoci conto di quanto sia importante la prevenzione e la possibilità per ogni professionista di identificare i propri limiti, di beneficiare di una supervisione e dedicarsi degli spazi altri fuori dal lavoro.

Abbiamo inoltre fatto un passaggio importante, provando a metterci nei panni di chi migra: le difficoltà sperimentate e le sfide intraprese, i fattori di rischio per la salute mentale nelle varie fasi di transito (prima, durante e dopo), il disorientamento di chi si trova in un territorio sconosciuto e non ne conosce i codici di riferimento, linguistici e culturali. Non è stata solo teoria, ma abbiamo attraverso delle attività non formali, provato a capire alcune delle emozioni e dei sentimenti di coloro che si trasferiscono in nuovi luoghi, rendendoci conto che il processo di inclusione non è affatto immediato e che bisogna affrontare numerose fasi prima di essere pienamente consapevoli del luogo, dei costumi, delle regole in cui si vive.

Infine, abbiamo esplorato cosa ci attiva l’incontro con l’altro, accettando la complessità della relazione interculturale, che è fatta, per sua natura, di situazioni conflittuali, di incomprensione (i cosiddetti “incidenti interculturali” di Margalit Cohen-Emerique), a partire dall’esperienza diretta degli operatori, mediante lo strumento dell’analisi dell’iceberg della cultura, dello shock culturale, utilizzando la metodologia degli incidenti critici.

Questa metodologia di analisi ci ha permesso di riflettere su modi di incontro laddove l’altro non è solo osservato, descritto (spesso in maniera stereotipata) e conosciuto, “ma entra a far parte di un rapporto dinamico e interattivo» (Portera, 2013b) [2].

Per poter raggiungere tale obiettivo, occorre costruire uno “spazio terzo” di fiducia e reciproca trasformazione in cui ognuno possa essere disponibile al mutuo cambiamento.

Investire sull’educazione alla competenza interculturale significa farsi promotori di interazioni che tengano conto nel migliore dei modi possibili delle identità di entrambe le persone coinvolte; significa anche resistere al bisogno di “chiusura” e rimanere nel processo.

Percorsi formativi sulla sensibilità interculturale sono strumenti preziosi non solo per i professionisti che lavorano nel settore, ma per tutti i cittadini, sia chi accoglie che chi arriva, nell’ottica di una reale, reciproca costruzione di una società interculturale.

[1] Garcea E. (1996), La comunicazione interculturale, Roma, Armando.

[2]  Portera (2013) Manuale di pedagogia interculturale, Roma-Bari, Laterza, p. 88

Sul progetto

WELCOMM – Favorire l’integrazione dei cittadini di paesi terzi tramite la creazione di strumenti di apprendimento e di collaborazione per costruire comunità inclusive e accoglienti  è un progetto di due anni cofinanziato dal programma Asylum, Migration and Integration Fund (AMIF) – Integration of third-country nationals.

Il progetto intende fornire sostegno pre-partenza e post-arrivo a persone bisognose di protezione internazionale, ricollocate in Europa o reinsediate da un paese terzo.

Partner

Il progetto coinvolge 5 organizzazioni:

Per ulteriori informazioni

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CESIE ETS