L’approvazione in Commissione Cultura della Camera di alcuni emendamenti alle “Disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico” (C.2423), che estende il divieto di attività educative sui temi della sessualità e affettività anche alle scuole secondarie di primo grado mentre prevede diversi ostacoli per l’attuazione dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole secondarie di secondo grado, rappresenta un passo indietro grave e preoccupante per il sistema educativo italiano e ancora una volta, un passo avanti del patriarcato.
Negazione di diritti, uguaglianza e prevenzione
Le nuove disposizioni rischiano di istituzionalizzare censura e diseguaglianza, negando alle nuove generazioni l’accesso a un’educazione sessuale e affettiva completa, scientifica e inclusiva, come raccomandato da UNESCO e OMS.
L’emendamento estende il divieto di attività educative sui temi della sessualità fino alla scuola secondaria di primo grado, escludendo così giovani proprio dalle fasce d’età in cui la prevenzione, la conoscenza di sé e la consapevolezza del corpo sono più efficaci e necessarie.
Queste condizioni non solo rallentano o impediscono gli interventi, ma rischiano di tradursi in una vera e propria censura preventiva dei contenuti educativi. Il cosiddetto “consenso informato” rappresenta, di fatto, un divieto mascherato: dietro la formula del consenso si cela l’esclusione.
Richiedere un’autorizzazione preventiva dei genitori per partecipare a percorsi di educazione sessuale e affettiva introduce profonde discriminazioni:
- chi non riceve il consenso viene escluso da un diritto fondamentale;
- si crea un’educazione non paritaria, negando pari opportunità formative;
- si alimenta lo stigma secondo cui parlare di sessualità sarebbe inappropriato o pericoloso.
A ciò si aggiunge l’assenza totale di coinvolgimento di corpi studenteschi e persone giovani nella discussione e nella stesura delle disposizioni: le loro voci, i loro bisogni e le loro esperienze sono state completamente ignorati, in aperta contraddizione con i principi di partecipazione e ascolto che dovrebbero guidare ogni processo educativo. Si introducono svariati livelli di approvazione da parte del Collegio Docenti e del Consiglio d’Istituto per la selezione delle persone esperte. Pur riconoscendo l’importanza di selezionare professionalità qualificate, l’introduzione di questi passaggi burocratici, in questo particolare scenario normativo, costituisce un rischio aggiuntivo di censura e opera come deterrente contro l’inclusione di contenuti considerati scomodi o legati all’educazione sessuale e affettiva.
Come dimostrano decenni di studi internazionali, l’educazione sessuale e affettiva non anticipa i comportamenti sessuali, ma riduce gravidanze precoci, infezioni sessualmente trasmissibili e violenza di genere (UNESCO, OMS, IPPF), promuovendo la salute mentale e relazioni sane e rispettose.
Le prime esperienze relazionali e affettive, già tra i 0 e i 6 anni, plasmano lo sviluppo emotivo e sessuo-affettivo di ogni persona. Durante l’infanzia, si apprendono concetti fondamentali come la conoscenza del corpo, la privacy, il consenso e la fiducia verso figure adulte di riferimento: si tratta di costruire rispetto, sicurezza e consapevolezza di sé. Escludere le persone giovani giovani da percorsi educativi mirati significa lasciare spazio alla disinformazione, ai pregiudizi e a modelli relazionali tossici spesso appresi dai media o dai pari, sempre più a rischio in un mondo digitale che le persone adulte conoscono sempre meno.
Parlare di corpo, consenso, rispetto e affettività non è propaganda: è prevenzione e salute pubblica.
Un provvedimento in contrasto con gli standard europei e internazionali
L’Italia, invece, rimane tra i pochi Paesi europei non solo a non prevedere un’educazione sessuale obbligatoria, ora anche a negarlo e ostacolarla.
Fino ad oggi, l’autonomia scolastica, sebbene imperfetta, ha permesso di introdurre percorsi di qualità. L’emendamento in discussione cancella questa possibilità, sottraendo strumenti concreti di prevenzione a studentɜ, insegnanti e famiglie.
Un diritto che si realizza insieme: reti, scuole, associazioni e cittadinanza per la crescita di tutte le persone
Come CESIE ETS, insieme a 19 tra enti e persone esperte, molti dei quali membri della Consulta Cittadina sull’Educazione Sessuale e Affettiva di Palermo, esprimiamo profonda preoccupazione e contrarietà a provvedimenti che limitano la libertà educativa, la collaborazione tra scuole e società civile, e la tutela del benessere delle persone di minore età.
Tra questi:
- Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci
- Genitori Connessi
- FEMBOCS – Collettivo transfemminista intersezionale di Bagheria
- Famiglie Arcobaleno di Palermo
- Disability Pride Palermo APS
- ANLAIDS Onlus | Palermo
- Laura Grillo – Psicologa psicoterapeuta
- Stella Rita Emanuele – Dottoranda in Pedagogia di Genere
- Sara Landorno – Ostetrica
- Marina Castañares – Psicologa
- Associazione Ribelle
- Le Giuggiole APS
- Non Una Di Meno Palermo
- Oliva Russo – Ostetrica
- Arcigay Palermo
- Giada Saguto – Esperta in violenza di genere
- Ennio Iannitto – Psicologo psicoterapeuta
- Associazione 100% Me Stessa ETS
- Ana Rodrigues Afonso – Psicologa ed esperta in violenza di genere
- HYRO – Human Rights Youth Organization APS
- Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti di Palermo.
Crediamo che l’educazione sessuale e affettiva debba essere parte integrante del percorso scolastico, basata su un approccio scientifico, partecipato, intersezionale e multidisciplinare, capace di promuovere rispetto, uguaglianza e salute.
Riteniamo che la collaborazione tra scuole, professionistɜ e associazioni sia fondamentale per la prevenzione della violenza di genere, la promozione del benessere psicologico e relazionale e la costruzione di una cultura del consenso e della non discriminazione.
Privare le persone più giovani di questi strumenti significa compromettere il loro diritto all’informazione, alla salute e all’autodeterminazione, sanciti dalla Costituzione e dai trattati internazionali, e infine negarla significa rinunciare a costruire una società più consapevole, equa e rispettosa.
Alla luce dei recenti episodi di violenza di genere che continuano a scuotere il Paese, e al recente femminicidio di Pamela Gemini, questo emendamento rappresenta una scelta politica regressiva.
Invece di rafforzare la prevenzione, si scelgono la paura e il silenzio.
Oggi più che mai, continueremo a promuovere percorsi educativi che mettano al centro i diritti, la libertà e il benessere di ogni persona giovane. L’educazione sessuale e affettiva non è un privilegio, non è di certo un campo di battaglia ideologico: è, banalmente, un diritto umano.








