Incrociando culture e tradizioni alla Maison des Bateleurs

venerdì 5 Febbraio 2016

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Incrociando culture e tradizioni alla Maison des BeteleursQuando al rientro mi chiedevano: “cosa facevate là?” La domanda un po’ mi spiazzava… Cosa facevamo? Vivevamo. Ma eravamo 20 persone che vivevano insieme e crescevano e imparavano insieme, e sì, eravamo in un villaggio sperduto dalle parti di Bordeaux, e sì, spesso stavamo in casa, ma in quella casa c’era il mondo. C’era il mondo nel vero senso della parola, ragazzi provenienti da tutto il mondo (India, Estonia, Corea, Danimarca, Spagna, Russia, Francia…) e poi c’eravamo noi il gruppo di “italiani” (Italia, Gambia e Somalia). E ognuno aveva dei compiti per il funzionamento del tutto: dalla pulizia dei bagni, al cibo alle galline, alla legna per il fuoco fino al fantastico mondo della cucina. Bastava guardare lo scaffale, anzi gli scaffali, delle spezie per capire la ricchezza culturale di quel posto; per come la vedo io, da buona italiana, ma anche molto curiosa, il cibo è qualcosa che racchiude tanto del mondo di una persona, e il piacere di condividerlo con altri o ancor di più di cucinare insieme ricette sconosciute è un incontro magico.

Ma facciamo un passo indietro: prima di partire non sapevo bene cosa aspettarmi, continuavo a pensare ai vari elementi che avrebbero potuto creare situazioni problematiche: accompagnavo un gruppo di ragazzi davvero variegato 2 ragazze italiane, e 4 ragazzi di cui 3 gambiani e 1 somalo in Francia, per un campo internazionale di lavoro presso la Maison des Bateleurs, sita a Montendre; i ragazzi sono in Italia da non più di 2 anni, sono richiedenti asilo o rifugiati, i ragazzi sono Omar, Demba, Mohamed e Hassan ed è bellissimo che anche loro abbiano avuto la possibilità di fare un’esperienza di scambio internazionale, ogni volta che chiamavano il gruppo di italiani e vedevo i loro quattro visi mi spuntava il sorriso.

Alla Maison des Bateleurs la sveglia suonava presto e dopo i lavori di casa, suddivisi per turni, si passava ai vari laboratori. Si poteva scegliere fra taglio della pietra, costruzione con il legno e pittura, e in 15 giorni abbiamo costruito delle “cose”, potrebbe sembrare nulla di che, ma quando vedi un pezzo di legno diventare un’insegna o pietre trasformarsi in un arco decorativo, e sai che hai contribuito con le tue mani a realizzarlo, allora costruire diventa un’esperienza di apprendimento, di condivisione di conoscenze, di lavoro di squadra e valorizzazione delle proprie competenze e attitudini. Abbiamo imparato delle tecniche, alcuni dei ragazzi conoscevano già il mestiere ed erano felici di potersi confrontare e nel vedere valorizzato il proprio know how.

Poi ci sono stati i pomeriggi in giro alla scoperta di altre cittadine (Saint Emilion, Santes, La Rochelle) e di Bordeaux, compresi di viaggi tutti insieme in treno o in un pulmino, nel corso dei quali si giocava, si ascoltava musica e ci si raccontava. Ecco appunto raccontarsi, o anche semplicemente comunicare le cose più semplici, tutti questi mondi insieme sono anche un multicolorato universo linguistico; le lingue di comunicazione erano inglese e francese, ma ovviamente come fai a resistere alla tentazione di imparare anche solo una parola in mandinga (lingua del Gambia) o ballare tutti insieme sulle note dell’ultima hit russa?! Ed è così che la multiculturalità,lo scambio culturale o chissà quale altro parolone si condensano semplicemente in quello che è stato per noi vivere quest’esperienza: un incontro e un pezzo di cammino insieme, un viaggio nel viaggio. Ci sono certamente delle difficoltà e delle responsabilità individuali per il funzionamento del tutto nella vita di comunità, ma anche queste fanno parte della crescita; e poi in fin dei conti l’ arricchimento in termini di nuove conoscenze di persone, luoghi, lavori, e il divertimento è ciò che ti porti a casa. E sono ciò che ti spingono a lasciare la valigia pronta per la prossima esperienza.

Lucia Pepe

CESIE ETS