Semi cinesi – Tre mesi scoprendo la Cina attraverso lo SVE

lunedì 10 Ottobre 2016

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Sono nata in Europa, ma mi sento come una figlia della terra. Quando ero una bambina, sognavo dei paesi del mondo e tante volte immaginavo di partire da casa mia con zaino in spalla, imbarcarmi e arrivare da qualche parte. Probabilmente, troppi libri di avventure durante la mia infanzia o forse è solo un atteggiamento, il comportamento tipico di un viaggiatore. In ogni caso, candidarmi per PLACE mi sembrava una grande opportunità per scoprire un mondo nuovo e per imparare qualcosa su me stessa. Volontariato viene generalmente considerato un’attività altruistica, per me era tanto una sfida quanto una crescita personale. Nepal, India e Cina erano le possibilità. Non avrei mai immaginato di essere stata scelta per il paese delle grandi dinastie. Cina? Cina incredibile, sorprendente, grande, affollata, inquinata? Ho iniziato a sognare ad occhi aperti il cibo, le persone, gli odori, le città e altre infinite cose. Ero pronta ad andarci subito.

Dopo alcuni problemi con il visto, finalmente sono partita da Roma con il sapore dell’ultimo caffè forte in bocca, 33kg di bagaglio e tante aspettative. Sono atterrata in Cina il giorno seguente e dopo 30 ore di viaggio ero a Guangshan. “Chī guò fàn le ma?” era il benvenuto in città. Letteralmente “hai già mangiato?”, tradotto con un semplice “ciao”, non è solo un saluto informale, ma più uno stato mentale. Entro un paio di giorni ho scoperto che i cinesi sono simpatici e gli piace mangiare cibo piccante. “Bù là” – “No piccante” era la seconda frase che ho imparato per riuscire a usare le mie papille gustative in futuro. Chiedere del cibo vuole dire prendersi cura degli altri. Questo comportamento si riflette in varie azioni dei cinesi e, certamente, nel comportamento dei miei colleghi e dei miei amici cinesi. Avevo bisogno di una bicicletta? In tre giorni mi hanno trovato una bicicletta favolosa e arrugginita, e potevo andare in giro ed esplorare la città in totale libertà. Adoravo la mia bicicletta tanto da avergli assegnato un nome: Lei. Avevo bisogno di tè? Sono stata invitata a bere una tazza di tè tradizionale e sono tornata a casa con una teiera tipica e il migliore tè di Cina, direttamente dalla provincia Henan. In pratica era sempre così.

Il giorno dopo l’arrivo, ho cominciato la mia esperienza didattica nella scuola. C’erano 3000 studenti. Ogni classe aveva circa sessanta bambini. è stato interessante conoscere il sistema d’istruzione cinese. La vita quotidiana da studente inizia alle 7:30 di mattina e finisce alle 21:50 di sera. Fanno circa dodici lezioni al giorno. Le lezioni durano quarantacinque minuti con una pausa di dieci minuti ogni ora. Piccole scrivanie di legno, sedie scomode, aule in cui entra il vento, schermi grandi e sofisticati per insegnare. In pratica, una scuola anacronistica ma efficiente. Gli studenti erano rispettosi, diligenti, e generalmente molto timidi. Ho insegnato inglese quattro ore al giorno ed ho organizzato dei laboratori sul rispetto per l’ambiente e su stili di vita salutari. Tutto è stato un successo. Ho dato dei consigli per imparare l’inglese o per riciclare, ridurre i rifiuti e il loro riutilizzo. Argomenti strani per una regione agricola. A volte pensavo di aver bisogno più di imparare che di insegnare. La Cina ha alcuni problemi, ma non più di alcuni paesi europei. I cinesi dovrebbero imparare di più sull’inquinamento, ma gli occidentali dovrebbero riscoprire il legame con la natura che hanno ancora i cinesi. L’esperienza più profonda è stata quella con i bambini. Mi hanno dato disegni, abbracci, sorridi e un’importante lezione di vita: le cose più piccole possono fare una differenza grande e le nostre piccole azioni spesso hanno un impatto maggiore sulla vita degli altri. Il rapporto con la gente locale è stato incredibilmente emozionante, soprattutto per le frequenti difficoltà di comunicazione. Sperimentare il linguaggio del corpo è stato divertente; imparare e usare le cinque parole magiche: “xiè xiè – grazie” – “qĭngwèn – per favore” – “nĭ hăo – ciao” – “zàijiàn – arrivederci” – “huānyíng – benvenuto”, ha dimostrato che la gentilezza e il rispetto sono le chiavi del successo. La mia esperienza è durata meno di tre mesi. Prima di tornare in Italia ho viaggiato un po’ in giro per la Cina con lo zaino in spalla. Durante le mie escursioni, pensavo dei miei progetti futuri che adesso sono più ambiziosi rispetto a tre mesi fa. A volte andare in avanti è difficile, ma tornare indietro è sicuramente più difficile. Viaggiare apre i confini della mente, e quindi candidarsi per un programma SVE è un’ottima esperienza; essere scelti può essere il primo passo per cambiare la tua vita. Allora, qual è il prossimo passo?

Donatella

 Volontaria SVE nell’ambito del progetto Erasmus + project “Planting Cities


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